Stazione 15
Il tempo che ci vuole
Alla Mindfulness
Questa stazione del MuDi Museo è tra le più suggestive e misteriose. Recentemente restaurata dall’ingegnere Piero Tronca, ha recuperato il suo fascino nascosto. Il complesso, enigmatico e affascinante, ha, nella sua parte di monte, modeste apparecchiature di difesa costituite da archibugiere e feritoie.
La Famiglia Grampa
Il gruppo di edifici prende oggi il nome dalla famiglia Grampa, i cui membri vi risiedevano. Ancora oggi, si può vedere lo stemma araldico della famiglia sul pozzo del Palazzo Grampa, lo stesso stemma che si trovava sull’altare della chiesa del convento di San Giorgio.
L’Omicidio di Biagio Volpe
Un episodio noto legato a questo luogo riguarda Fra Berardinello, un beato in odore di santità che visse nel convento di Goriano. La storia racconta dell’omicidio di Biagio Volpe, ucciso dal notaio Alessandro Grampa nonostante la presenza del frate. Volpe, gravemente ferito, si rifugiò nel cortile di Isidoro Grampa, appartenente a un’altra famiglia con lo stesso cognome. Prima di morire, come esortato da Fra Berardinello, Biagio perdonò il suo assassino, lasciando un segno di misericordia e pace.
“Il tempo che ci vuole” e la dedica alla Mindfulness
Questa stazione, grazie al contributo di Saskia Steigleder e dalla psicoterapeuta Carla Tiberi, è dedicata alla Mindfulness e all’importanza di prendersi il tempo necessario per riflettere e vivere il presente. Saskia, originaria della Germania, si è trasferita a Goriano, dove ha sposato un abitante locale, Giuseppe. Insieme hanno avviato un’azienda agrituristica con B&B, offrendo la possibilità di affittare camere e partecipare a attività come il trekking mindfulness, un’esperienza di camminata lenta con gli asini, che invita a riconnettersi con la natura e il proprio ritmo interiore.
Il concetto del “tempo che ci vuole” nasce dalle riflessioni di Carla e dalle domande poste a sua madre, Rosa Guidone, su quanto tempo occorre per preparare il pane o le ferratelle. Questo insegnamento di vita sottolinea l’importanza di rispettare i tempi naturali, un principio che si applica anche in agricoltura, dove i tempi sono dettati dalla stagione, dal meteo e dai cicli di crescita, come raccontato da Vittorio Tiberi, padre di Carla.
Nel complesso troviamo due interessanti scritte studiate dal compaesano Silvio Di Giulio, professore di filosofia:
• Sopra una porta d’ingresso: “OSTIUM SED NON HOSTIUM”, in italiano “ingresso ma non dei nemici”. Un gentile avvertimento a persone con cattive intenzioni di non entrare.
• Sull’architrave dell’ingresso della casa sull’arco: “VIVAS SICUT IN MORTE VIXISSE VELLES”, che significa “Vivi come vorresti aver vissuto in punto di morte”. Probabilmente voluta da un Grampa, conoscitore del latino e uomo di chiesa. È un messaggio morale e religioso attribuibile a San Roberto Bellarmino (1542-1621), che parla dell’arte di morire bene, ovvero di vivere senza peccati, in dialogo con il Signore. Potrebbe anche essere interpretata come un concetto di vita moderno e non religioso: vivere bene ogni giorno, senza rimpianti, godendo di ogni momento.
Ing. Piero Tronca: Origine ed Evoluzione del Nucleo Storico di “Cà di Grampa”
Riguardo all’origine e alla evoluzione del nucleo storico di “Cà di Grampa” indicazioni importanti ci vengono sia dalle fonti di archivio, sia dalla analisi diretta delle strutture che è stato possibile effettuare con il recente intervento sisma, consentendo di mettere in luce stratificazioni e antiche preesistenze. Di seguito alcune importanti chiarimenti da parte dell’ingegnere Piero Tronca che ha coordinato i lavori del complesso.
Catasto “angioino” del 1480 e numerazione dei fuochi del 1508
“In quanto alle fonti d’archivio, il cognome Grampa non è presente a Goriano prima dell’inizio del ‘600. Nell’elencazione del catasto descrittivo angioino di Goriano Valli, sicuramente di poco antecedente al 1483, non è presente il cognome Grampa e Villa Cavalloni è citata con il toponimo “in Cavalluni”. Nella numerazione dei fuochi accesi (nuclei familiari abitanti) del 1508 di Goriano Valli (Castrum Gordiani), il cognome Grampa è assente; dei 53 fuochi totali di Goriano, 7 erano a “Villa Caballonj”, comprendente un nucleo abitato sicuramente già presente nell’area oggi chiamata Cà di Grampa, come chiarito più avanti. Villa Cavalloni, compreso il nucleo originario dell’attuale Cà di Grampa, aveva quindi una consistenza notevolmente più piccola di quella attuale.”
I nominativi cui sono riferiti i 7 fuochi di “Villa Caballonj” sono i seguenti:
• Cola fillio di Domenico di Jacobo di Cicco;
• Antonio fillio de Petro de Berardo dello Ciardo;
• Stefano fillio de Antonio de Stefano;
• Berardino fillio de Stefano de Jacobo de Cola de Troncha;
• Bartolomeo fillio de Jacobo de Cola de Troncha;
• Fabrizio fillio de Notaro Nicola de Meo° de Troncha;
• Cola fra …. (N.B.: fratello) de Angelo de Antono de Jacobo de Cola de Troncha;
Una notizia certa della presenza del cognome Grampa risale al 1620, attestata da una visita pastorale del Vescovo dell’Aquila.”
Nel catasto onciario del 1764 di Goriano, anch’esso descrittivo, sono individuabili solo i seguenti due nominativi titolari di nuclei familiari probabilmente (considerato il cognome) abitanti nel nucleo abitativo oggi (ma non allora) denominato Cà di Grampa, i cui abitanti erano annoverati in Villa Cavalloni: Ignazio Grampa e Francesco Grampa. I suddetti due nominativi abitavano in case confinanti tra loro.
L’analisi stratigrafica delle strutture murarie di Cà di Grampa, svolta con l’intervento post-sisma, mostra l’esistenza di un nucleo originario attribuibile a un periodo compreso tra la fine del ‘300 e la fine del ‘400, composto dai tre piani dei primi due vani del fabbricato adiacente al lato nord-est dell’arco di sottopasso, quasi certamente configurabile come casa-torre, in passato completata, in direzione della chiesa di San Gaetano, da una porzione poi crollata, forse a causa di un terremoto.
In dettaglio, i dati di base sono i seguenti:
• L’esistenza di alcuni decori affrescati orizzontali “arcaici” sommitali, raffiguranti la ruota solare e girali, ubicati all’interno del terzo livello, molto in alto, nel vano adiacente all’arco di sottopasso, subito dietro il muro esternamente sbrecciato dal sisma, quasi alla quota di imposta del tetto; dei suddetti decori è stato possibile restaurarne uno solo (a causa dell’eccessivo degrado degli altri), oggi perfettamente visibile, attribuibile a un periodo che va dalla fine del ‘300 alla fine del ‘400, che attesta l’esistenza e l’uso abitativo degli ambienti già in quell’epoca.
• La presenza di un lembo di affresco, restaurato con l’intervento post-sisma, riferibile alla prima metà del ‘500, ubicato nella chiostrina interna di ingresso alla proprietà comunale, dove è presente la vera di un pozzo recante lo stemma della famiglia Grampa.
• La finestra con arco polilobato e cornice classica, riferibile a fine ‘400 – inizio ‘500, ubicata nella facciata rivolta verso Villa Venditti della porzione di aggregato di proprietà del comune di Tione degli Abruzzi.
• Una finestrella monolitica rettangolare datata 1577, ubicata al piano sottostante a quello della finestra polilobata.
• Le archibugiere presenti sopra l’arco di sottopasso, sia a monte sia a valle, e nella facciata della proprietà del comune rivolta verso Villa Venditti.
• Un portale a tutto sesto, datato 1593, della facciata di nord-ovest, che consente l’accesso a un orto sul retro.
• La pavimentazione di mattoni disposti in “opus spicatum,” riferibile alla metà del ‘500, ubicata nel corridoio interno con accesso dalla strada adiacente all’arco di sottopasso.
Conclusione
In sintesi, è possibile dire che il nucleo abitativo oggi denominato Cà di Grampa ha un nucleo originario che si colloca in un arco temporale che va dalla fine del ‘300 alla fine del ‘400. Nel 1508, non era distinto da Villa Cavalloni, che era costituita da sole 7 abitazioni. Nel 1764, non aveva tale denominazione e i suoi abitanti erano censiti in Villa Cavalloni. Ha conservato un costruito che, a parte il decoro di fine ‘300 – fine ‘400, è in gran parte attribuibile al ‘400 e al ‘500, con modifiche prevalentemente del Sette-Ottocento.
Oltre alla corte interna con pozzo della porzione di proprietà comunale, di carattere cinquecentesco, sono di interesse storico il pavimento in opus spicatum del corridoio al piano terra, la finestra polilobata quattro-cinquecentesca rivolta verso Villa Venditti, il chiostro riportato alla luce con l’intervento post-sisma, anch’esso con pozzo e pavimentazione in lastroni calcarei, il solaio in legno di rovere originario, la grande volta restaurata (primi del ‘900), le simbologie protettive e propiziatorie, le cantine con tutti i dispositivi e le attrezzature di vinificazione originari.
“Si ringraziano le famiglie TIBERI-GUIDONE e STEIGLEDER-TURAVANI per aver gentilmente messo a disposizione la struttura e gli oggetti storici presenti in questa stazione”
Mudi Museo Diffuso del Parco Regionale Sirente Velino
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