Stazione 10

Cantina del Vino

A Braccio Fortebraccio da Montone

In passato la consumazione e la conservazione del vino seguivano metodi tradizionali legati alla cultura contadina. Il vino veniva conservato in botti di legno, solitamente di rovere o castagno, all’interno di fresche cantine, dove la temperatura rimaneva costante durante l’anno, permettendo al vino di maturare lentamente. Queste cantine erano fondamentali per garantire una buona conservazione, poiché evitavano sbalzi termici che potevano alterare il prodotto.

La consumazione del vino era profondamente radicata nella vita quotidiana e nelle tradizioni sociali delle comunità contadine. Il vino non era semplicemente una bevanda, ma rappresentava un elemento centrale della dieta e della cultura locale, simbolo di convivialità e unione familiare. Nelle giornate di lavoro agricolo, il vino era spesso diluito con acqua per renderlo più leggero e dissetante, assumendo il ruolo di bevanda ristoratrice. Durante le feste religiose o le celebrazioni stagionali, come la vendemmia o la fine del raccolto, il vino diventava, invece, il protagonista delle tavole contadine. In queste occasioni, si consumava vino puro, spesso accompagnato da piatti tipici e canti popolari. Le botti venivano aperte e condivise tra amici, vicini e familiari, trasformando il vino in un simbolo di comunità e abbondanza.

Oltre al vino rosso, veniva prodotto e consumato il vino cotto, una specialità tipica di alcune zone rurali dell’Abruzzo, ottenuto facendo cuocere il mosto per concentrarne il sapore e gli zuccheri. Questo vino, più denso e dolce, era riservato a occasioni speciali, come matrimoni, battesimi o importanti festività.

Il vino veniva spesso servito in brocche di terracotta o boccali di legno, e si beveva spesso da bicchieri grezzi di vetro o direttamente dai boccali condivisi. In molte case contadine, la condivisione del vino era un gesto di ospitalità e amicizia, un modo per rafforzare i legami sociali all’interno della comunità.

Braccio da Montone e l’Assedio di L’Aquila: Devastazione e Ricostruzione nell’Abruzzo del XV Secolo

La stazione in questione si lega alla figura di Andrea Fortebraccio, meglio conosciuto come Braccio da Montone, spietato e ambizioso condottiero del XV secolo.

Nel 1423, Braccio assediò L’Aquila, una città che si era ribellata al suo dominio per mantenere la propria indipendenza e restare fedele al Regno di Napoli. Durante il lungo e violento assedio, che durò quasi un anno, le campagne circostanti furono pesantemente devastate. Le forze di Braccio saccheggiarono i villaggi e distrussero raccolti, vigneti e risorse agricole. Questo causò un enorme danno economico alle popolazioni locali, che dipendevano dalla viticoltura, dall’agricoltura e dall’allevamento per la propria sussistenza.  Solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1424, le comunità iniziarono ricostruire ciò che era stato distrutto. Le terre devastate vennero recuperate e la produzione del vino tornò a essere un’attività centrale per la vita economica e sociale della regione. Tuttavia, la memoria del conflitto con Braccio da Montone rimase viva nelle tradizioni locali, ricordata come un periodo di grandi sofferenze e difficoltà per i paesi rurali dell’entroterra abruzzese.

“Si ringrazia la famiglia CARANI per aver gentilmente messo a disposizione la struttura e gli oggetti storici presenti in questa stazione”