Stazione 06

Stalla delle Pecore e delle Capre

Alla Migranza

La connessione tra l’emigrazione e le pecore e capre, alle quali questo spazio è dedicato, è legata principalmente alla transumanza, all’economia pastorale, e alle condizioni socioeconomiche che hanno portato molte persone a emigrare.

La transumanza è la migrazione stagionale delle greggi di pecore, condotte dai pastori lungo antichi sentieri chiamati “tratturi”, dal pascolo montano estivo ai pascoli invernali nelle pianure più miti, principalmente verso la Puglia.

La transumanza

La transumanza risale a tempi antichi, praticata già dai Romani e continuata attraverso i secoli come uno dei sistemi più efficienti per garantire il benessere delle pecore, la principale risorsa economica per molte comunità montane. Questo legame tra pecore e migrazione si sviluppò soprattutto a causa del clima rigido dell’Appennino abruzzese: durante l’inverno, le montagne diventavano troppo fredde e nevose per mantenere i pascoli, obbligando i pastori a cercare territori più miti e fertili a valle.

I tratturi, percorsi erbosi larghi anche cento metri, fungevano da vere e proprie “autostrade” pastorali. Pecore e pastori percorrevano centinaia di chilometri tra settembre e ottobre, partendo dalle montagne abruzzesi e molisane, per raggiungere le pianure pugliesi e campane, dove il clima era più favorevole e c’era abbondanza di pascoli durante i mesi invernali.

In Abruzzo, pecore e capre erano alla base dell’economia rurale e montana. La pastorizia, in particolare attraverso la transumanza, era una delle attività principali per il sostentamento delle famiglie. Gli abitanti delle zone interne e montane dipendevano dalla produzione di lana, latte, formaggi e carne di questi animali per la loro sussistenza.

Con il passare del tempo, però, l’economia pastorale cominciò a essere sempre meno sufficiente a sostenere le famiglie, soprattutto a causa della concorrenza di altri settori economici, della crisi agricola, e delle trasformazioni sociali del XIX e XX secolo. Di conseguenza, molti pastori e contadini, che vivevano grazie alle pecore e alle capre, si trovarono in difficoltà economica e furono spinti a emigrare, cercando migliori opportunità altrove.

Molti degli emigranti provenivano da famiglie che avevano tradizionalmente praticato la pastorizia. Una volta emigrati, soprattutto negli Stati Uniti, in Argentina, o in altre parti d’Europa, questi ex-pastori mantennero spesso un forte legame con le loro origini e talvolta continuarono a lavorare in settori legati agli animali, all’agricoltura, o alla trasformazione del latte, applicando le competenze acquisite nella gestione di pecore e capre. In alcuni casi, le rimesse inviate dagli emigranti alle famiglie rimaste in Italia permisero loro di migliorare le condizioni economiche e, in alcuni casi, di investire nel mantenimento o nella modernizzazione delle aziende pastorali.

La Migranza nel corso dei secoli

Il fenomeno della migrazione in Abruzzo, come in molte altre regioni d’Italia, ha una lunga storia che si estende dal Medioevo fino al dopoguerra. Questo processo migratorio ha influenzato profondamente l’economia, la cultura e la demografia della regione.

Durante il Medioevo, la migrazione in Abruzzo era strettamente legata alle condizioni economiche e sociali dell’epoca. Gran parte della popolazione abruzzese viveva in condizioni di semi-isolamento, legata all’agricoltura di sussistenza e all’allevamento. Tuttavia, le vie della transumanza (lo spostamento stagionale di greggi tra la montagna e la pianura) erano un importante canale di migrazione temporanea. I pastori abruzzesi si spostavano verso le pianure pugliesi durante i mesi invernali, un fenomeno che ha modellato la cultura abruzzese e mantenuto forti legami con altre regioni del sud Italia.

La fine del XIX secolo segnò una svolta significativa per la migrazione abruzzese, coincidente con il fenomeno della “Grande Emigrazione” italiana. In questo periodo, a causa della povertà, della mancanza di terra e delle difficili condizioni di vita, migliaia di abruzzesi emigrarono verso l’estero, principalmente verso le Americhe (Stati Uniti, Argentina, Brasile), ma anche verso altre parti d’Europa. L’emigrazione di massa durò fino all’inizio del XX secolo, modificando profondamente il tessuto sociale della regione. Le comunità abruzzesi all’estero contribuirono poi a mantenere vive le tradizioni culturali della regione, pur integrandosi nelle società ospitanti.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, molti emigranti abruzzesi tornarono, ma la regione continuava a soffrire di problemi economici. L’emigrazione non si fermò del tutto, ma diminuì leggermente poiché alcuni riuscivano a trovare lavoro nelle città italiane in espansione o attraverso l’industria del carbone in Belgio.

Il secondo dopoguerra rappresentò una nuova ondata migratoria per l’Abruzzo. La ricostruzione economica dell’Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale vide molti abruzzesi emigrare verso il nord Italia o all’estero. Negli anni ’50 e ’60, le destinazioni preferite furono le fabbriche del nord Italia e le miniere di carbone e acciaio in Belgio, Germania e Svizzera. La migrazione post-bellica fu facilitata anche dai programmi governativi che incoraggiavano lo spostamento verso il nord industrializzato.

Le migrazioni hanno profondamente influenzato la struttura demografica dell’Abruzzo. Nel corso dei secoli, la popolazione ha subito variazioni notevoli a causa di emigrazioni massicce, ma anche di immigrazioni da altre regioni italiane. Culturalmente, i legami tra l’Abruzzo e le comunità abruzzesi all’estero sono rimasti forti, con molti emigranti che hanno mantenuto le tradizioni abruzzesi anche a migliaia di chilometri di distanza.

Oggi, la migrazione ha lasciato una traccia indelebile nella cultura abruzzese. Gli emigranti hanno portato con sé valori, tradizioni e storie, e molti discendenti di abruzzesi all’estero mantengono ancora un legame con la loro terra d’origine, visitando l’Abruzzo o partecipando a feste e celebrazioni tradizionali.

“Si ringrazia la famiglia DI GIULIO per aver gentilmente messo a disposizione la struttura e gli oggetti storici presenti in questa stazione”